Serie A, ecco perché lo spezzatino è sbagliato | L’esempio dalla B

La Serie A non ha ancora deciso sul nuovo campionato spezzatino. Intanto il “modello” della Serie B può essere d’esempio.

Stadio Arechi
(Stadio Arechi via Getty)

L’ultima, infuocata, assemblea di Lega A non ha preso ancora una decisione in merito all’introduzione di dieci diverso slot orari in vista della prossima stagione del campionato di Serie A. Una soluzione che – chiaramente – danneggerebbe i tifosi proprio nel momento in cui questi potrebbero tornare sugli spalti dopo un anno e mezzo di stadi chiusi a causa dell’emergenza Covid.

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Da un lato ci sono le esigenze televisive sempre più “estreme”, dall’altro il benessere dei tifosi che potrebbero ritrovarsi a fare i conti con un calendario assurdo per assistere alle partite della propria squadra del cuore. In particolar modo, l’idea è quella di spalmare ogni singolo turno del prossimo campionato su dieci orari diversi. Quattro partite di sabato (14.30, 16.30, 18.30 e 20.45), altre cinque di domenica (12.30, 14.30, 16.30, 18.30 e 20.45) e infine il Monday Night delle 20.45.

Presidente di Lega B, Balata ©Getty Images

Spezzatino Serie A, una soluzione che danneggerebbe i tifosi

Nel corso dell’ultima assemblea di Lega Serie A a Milano è stato deciso… di non decidere. I rappresentanti dei 19 club (Salernitana esclusa in attesa che venga risolto il nodo multiproprietà) si sono dati un nuovo appuntamento per la giornata di giovedì 10 giugno per discutere anche della questione spezzatino. Una vicenda che fa (e farà) discutere, soprattutto dopo le polemiche per la chiusura dello scorso campionato con le partite non giocate in contemporanea. Eppure il campionato di Serie B ha dato un esempio concreto in tal senso.

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Ad aprile, in seguito all’esplosione di un focolaio nel gruppo squadra del Pescara (poi retrocesso) il consiglio direttivo decise di sospendere il campionato dal 18 aprile all’1 maggio in modo da consentire ai giocatori di negativizzarsi in modo da disputare le ultime quattro giornate assicurando il fattore della contemporaneità. Un elemento che ha garantito spettacolo ed emozioni nelle battute finali del torneo cadetto, dalla promozione della Salernitana alla salvezza del Pordenone. La Lega di A dovrebbe prendere esempio e ricordare – senza voler cadere nella più banale retorica – che il calcio appartiene soprattutto alla gente e non esclusivamente alle tv.