Brescia-Verona, la sfida dei due Mandorlini: ”Ci abbracceremo”

Matteo Mandorlini e Andrea Mandorlini

 

Come già abbiamo avuto modo di dirvi gli scorsi giorni, il match della 34^giornata di Serie B fra Brescia e Verona, non è solamente un derby molto sentito dalle due tifoserie, ma è anche la sfida fra padre e figlio, Andrea e Matteo Mandorlini, il primo allenatore dei gialloblù, il secondo centrocampista delle rondinelle. Il sito della Lega Serie B gli ha intervistati per sentire le loro emozioni alla vigilia del match:

Andrea Mandorlini: ”Ci abbracceremo, spero servirà anche questo per stemperare un pò i toni. Al di là del rapporto padre-figlio, deve passare il messaggio che lo sport unisce, speriamo che venerdì sia solo una partita di calcio. Parlando di mio figlio posso dire che io l’ho incoraggiato poco e niente a diventare calciatore, l’ho lasciato libero di scegliere. In campo è molto determinato, come lo ero io. Ogni volta che finisce una gara dell’Hellas, il primo risultato che chiedo sempre è quello del Brescia, tra l’altro nella partita d’andata ci siamo incontrati in campo per la prima volta ed è stato molto bello, così come fu molto bello un particolare ricordo della sua finora breve carriera. Era il 2005, Mondiali Under 17 in Perù con l’Italia. Lui fece, all ’86 il gol del 3-2 contro la Costa d’Avorio. Indimenticabile”.

Matteo Mandorlini: ”Si penso anche io che ci abbracceremo, ma succederà per caso, così come è successo all’andata, niente di studiato. Papà non mi ha spinto verso questa professione, ma è chiaro che l’aver visto tante partite di calcio ha influito. Anche io comunque chiedo sempre ci cosa ha fatto l’Hellas a fine gara. Il momento più bello della mia carriera? Penso debba ancora arrivare, il passo più grande l’ho fatto ancdando via di casa a 14 anni per entrare nelle giovanili del Parma. E’ da lì che ho cominciato a ragionare seriamente sul mio futuro. Giocare con papà? Penso non ci sarebbe problema, verrei certamente trattato come tutti gli altri. Di lui calciatore ricordo poco perchè ero piccolo, ma tutti mi hanno sempre parlato bene di lui come uomo e come giocatore e di questo ne sono sempre stato orgoglioso”.

di Marco Orrù